Siamo tante storie diverse

Rossana Lucia Boi - Treviso

Settembre scorso, io e Luciano siamo andati a Venezia con mio fratello maggiore e sua moglie, in occasione della loro visita da noi a Treviso, e restati per qualche giorno. Gli abbiamo fatto fare giri diversi da quelli solitamente programmati dalle guide turistiche. Anche loro conoscevano già quei luoghi così abitualmente frequentati, erano stati da me altre volte. 

Siamo andati a cercare il quartiere del Ghetto ebraico, ci tenevo farglielo conoscere. Quando io e Luciano lo scoprimmo casualmente per la prima volta, era il 14 Agosto 2019. Lo trovai un luogo affascinante, mi incuteva timore e percepivo un lieve vento di sacralità allo stesso tempo. La piazza in quell’occasione, era attraversata da qualche turista, non troppo caotica, anzi, abbastanza mantenuta con ordine elegante. C’era una mostra di quadri al suo interno, io ho preferito solamente guardarmi intorno e fare foto come il mio solito, ma con un interesse più profondo e con dovuto rispetto. 

Questo periodo che abbiamo convissuto con il virus, ha cambiato tantissime cose. Anche i luoghi mi sono sembrati diversi, mutati, privati di quell’anima che li ha sempre mantenuti vivi e pulsanti. Una Venezia triste e derubata della sua storia non l’avevo mai vista. Così, quando siamo andati con mio fratello e mia cognata, abbiamo faticato nel ritrovare quel quartiere. Abbiamo dovuto persino chiedere indicazioni, e nonostante ci fossimo vicini, non riconobbi per niente quelle stradine. Con un via vai lento di pochi turisti e la piazza silenziosa, senza alcun tavolo fuori e nessun ebreo alle porte per ricevere ospiti, sembrava un altro luogo. Ci rimasi molto male. 

È stato uno scenario inquietante, che mi ha lasciata turbata nel profondo del mio cuore. Credo che anche noi a volte, simili ai luoghi, impressioniamo, deludiamo, intristiamo chi cerca in noi quello che eravamo prima delle nostre tempeste personali. Siamo sempre noi, ma capita di essere irriconoscibili, semplicemente perché abbiamo una storia diversa da raccontare, qualcosa che abbiamo vissuto senza averlo scelto, e ci ha modellati conformi al nostro stato d’animo del momento, e capacità inconsapevole di metabolizzarlo. 

E chi lo sa, forse in meglio o forse in peggio, dipende da chi ci osserva e da cosa si aspetta da noi. Abbiamo la pessima abitudine di giudicare le persone con la nostra percezione delle cose, in base alle nostre esperienze. Che sono nostre e mai degli altri. Non è facile accettare il cambiamento, tanto quello nostro quanto quello altrui. È più comodo raccontarci bugie affinate. Giustificarci. Assolverci dai nostri comportamenti, dimenticando che tutti, abbiamo gli stessi sacro santi diritti. E che ognuno di noi ha i suoi tempi per comprenderlo, a suo tempo!

Rossana Lucia Boi

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