Papà
Alessandra
Caro Papà,
ti scrivo mentre guardo il Milan, il nostro Milan… ti ricordi tutti quegli anni allo stadio?
Con il sole o con la pioggia, ogni domenica o sabato sera, noi eravamo sempre lì: pizza all’angolo di via Novara e via, dritti verso il secondo anello settore verde.
Vista la situazione a casa, per noi le partite erano un momento di evasione, anzi se faccio un’analisi dei nostri momenti passati, forse erano gli unici davvero nostri, concessi da mia madre/tua moglie, solo perché aveva i suoi buoni motivi per sbarazzarsi di noi.
Beh, nonostante tutto papà, io ti ringrazio infinitamente per quei momenti, per avermi trasmesso gran parte di quelle che negli anni sarebbero diventate le mie passioni.
Il Milan, certo…anche se da quando mi ero fidanzata e poi sposata con Luca ne avevo perso l’interesse e tu di questo ne hai sempre sofferto.
Di colpo preferivo passare le mie domeniche con lui, piuttosto che con te e, per come sono andate poi le cose, rimpiango di non aver conservato fin da subito i miei spazi, le mie passioni, perché se c’è una cosa che ho imparato da quella esperienza è che non bisogna mai mettersi da parte, perché poi, quando si ricomincia a chiedere e poi pretendere del tempo solo ed esclusivamente per noi, le persone si straniscono.
Si straniscono sì, perché abituate ad averti 24h/24h a disposizione, quindi il tuo ricominciare ad appropriarti lentamente di piccole cose, quali possono essere 1 h di yoga alla settimana, una pizza con i tuoi amici, un giro da sola al centro commerciale, innescano in loro un meccanismo di abbandono e rimprovero, ti fanno pesare che sono arrivati a casa e hanno dovuto prepararsi la cena da soli, che prima li coinvolgevi nelle uscite con i tuoi amici ed ora non più…peccato non si ricordino, però, che loro con i propri amici hanno sempre continuato ad uscire quasi sempre senza di te, che rimanevi a casa preparandoti la settima cena della settimana senza lamentarti.
E tu con la mamma hai fatto lo stesso, con l’unica differenza di non esserti mai ribellato alla privazione dei tuoi spazi, perché ogni volta che vorresti fare qualcosa da solo, senza di lei, non puoi mai, finchè sei arrivato al punto di non pensarlo neanche più, talmente ormai è diventata una cosa “impossibile” da cambiare o mettere in atto.
Lei usciva la sera, noi rimanevamo a casa e tra balli scatenati quando ero più piccola e feste notturne in piscina, ci divertivamo, ma dietro la tua espressione divertita, vedevo chiaramente i tuoi pensieri di frustrazione pensando a lei.
Tutti i nostri momenti da soli iniziavano tutti nello stesso modo, tu che ti sfogavi di lei, io che ti ascoltavo e tentavo di trovare una soluzione.
Il problema è che a lungo andare il divertimento, le risate, la musica e le partite sono spariti e di noi è rimasto solo questo rapporto sfogatorio univoco.
Ora, però, sono arrivata al punto in cui sono io che devo riposare le orecchie ed anche alleggerire il cuore dalle sofferenze degli altri, che non so perché sento sempre un po’ mie, anche quando mie non sono.
Con questo, non voglio dire che è giunto il momento di ribaltare le due parti, perché so benissimo che non sarebbe naturale, io ai vostri occhi di genitori non sono una figlia, sono quasi sempre un disastro e la vostra confidente… ti chiedo solo di impiegare il nostro tempo diversamente.
Sono stanca di essere chiamata, interpellata, solo ed esclusivamente per parlare di lei, di tutte le cose che sappiamo benissimo non apprezzerà mai, perché il suo obiettivo è quello di vittima, sempre e comunque, quindi tanto vale non alimentare più questa “forza” che a suo malgrado aumenta ogni volta che ne parliamo.
Grazie per avermi ascoltata e spero che prima o poi riuscirai, per lo meno, a valutare l’idea di recuperare il nostro tempo e viverlo più serenamente, senza ombre e pesantezze che non fanno parte del nostro essere padre e figlia.
Ale