Novembre
Silvia Castrezzati - Brescia
Novembre profuma di certe mattine spettinate, iniziate dentro a un paio di leggings scoloriti, quando ti ho davanti e ce la metto tutta per farmi notare.
Mentre i tuoi occhi distratti corrono già, io mi rannicchio sulla sedia della cucina per proteggermi il cuore dal mare in burrasca che si scatena all’altezza dello stomaco quando intercetto il tuo sguardo.
Novembre ha il sapore di tutti i tentativi spesi a raccogliere un po’ del tuo tempo prima che il disordine del nuovo giorno ci risucchi e ci sputi fuori, la sera, mezzi ammaccati. Rincorrere quei due occhi, così intenti a stropicciarsi sotto la luce di uno sfacciato raggio di sole autunnale, mi ha fatto venire il fiatone.
Ti guardo sempre da quel punto della stanza, instancabilmente appollaiata sulla stessa sedia che è la mia fortezza inattaccabile. Con il pensiero sei già in mezzo al traffico, nel pranzo frenetico che a malapena ti concederai e nelle pause caffè sempre troppo brevi. Io invece, che da quel mio castello di legno bianco non vorrei proprio mai schiodarmi, inzuppo l’ultimo biscotto e fisso le lancette dell’orologio nell’impresa di congelarle con un battito di ciglia.
Novembre ricalca i tuoi colori. Quelli caldi che dipingono ogni tuo movimento, misurato e calibrato senza che lasci mai scappare un grammo in più rispetto a quanto sei disposto a dare al mondo. Al contrario di me, sempre carica della mia valigia di emozioni chiassose e scatenate come bambini all’ultima campanella di giugno, che ti restano stampate addosso con quell’ultimo bacio, chiamato a gran voce prima di salutarci, quando le labbra cercano l’incavo tra il petto e il collo.
Novembre mi ricorda che è di nuovo novembre. Un altro, stavolta diverso, ma con una costante testarda e, a dirla tutta, anche delicatamente fastidiosa.
Ti trovo nella brina che si scioglie sul finestrino appannato con il timido caldo delle prime ore di luce, nel vialetto di casa, lungo i tratti morbidi di uno sconosciuto che ti somiglia.
La verità è che non serve nemmeno cercarti, perché mi rimbalzi continuamente intorno, neanche fossi il ritornello della mia canzone preferita. E nelle mattine ormai solitarie, quando tu non ci sei e non ho bisogno di accucciarmi sul trespolo rassicurante della tua cucina, prima dell’acqua fresca sul viso, dei collant e del rossetto, mi ritorni in mente.
Un altro novembre e ancora questa tendenza netta, inflessibile e ostinata a viverti tutto d’un fiato, nonostante il tuo universo viaggi ormai su binari opposti ai miei. Proprio come lui, proprio come novembre, che non si annuncia mai ma piomba all’improvviso e sembra dire: “Passavo di qui… Ti va se rimango?”.
Questo novembre lo sento ancora così: appiccicato a un ricordo, in bilico, con i suoi profumi, i sapori, i colori, i fotogrammi e la cocciutaggine che non lo lascia andare via.
Mi capita di pensare che quegli attimi ordinari travestiti da momenti perfetti, in realtà, poi così perfetti non fossero.
Ma quando è di nuovo novembre, insieme all’equinozio e alle tazze di tè, io mi accorgo che da queste parti ritorni un po’ anche tu.