L'utima lettera

Anonima - Cingoli (MC)

Caro Ragazzo,

nella sera dell’otto febbraio duemilaventuno ho infranto la mia regola d’oro: non pensare più a te.

Ma sai, nonostante ciò, non sono pronta ad ammettere di aver commesso un errore madornale. E sai per quale motivo? Quello che ho fatto è tutt’altro che uno sbaglio.
Questa lettera sarà asciutta, cinica, lontana dai lacrimoni dei miei diciassette anni e dall’indignazione di una bambina troppo ingenua per capire che l’amore è un teorema che non si risolve con un’unica formula
Per svariate notti, ho ripercorso con il pensiero chilometri e chilometri di pellicole cinematografiche immaginarie, in cui la mia voce si liberava dalle catene della rabbia e il mio debole cuore imparava l’arte del perdono.
Perdonare.
L’abilità più sensibile e forte dell’essere umano. Curioso, eh? Sembra un traguardo così inarrivabile. Un miraggio estivo. Una stella che più cerchi di osservare nitidamente e più tende a sdoppiarsi.
Io, nei meandri più intimi del mio muscolo sinistro, ho imparato ad amarti nonostante tutto. È che abbiamo così tanta sete di facilità che, quasi sempre, preferiamo chiudere gli occhi dinanzi a ciò che non può essere semplificato da una semplice regola generale. E tu sei tutt’altro che semplice: sei l’arma a doppio taglio che ricuce le mie ferite, per poi farle sanguinare a dirotto.
E io non ho mai avuto la nobile capacità di prendermi cura di ciò che sono. Forse perché tendo talmente tanto a vorticare insieme alle mie numerose identità e maschere che finisco per perdere il senso dell’orientamento. Un orientamento che, per te, è sempre stato vivido come il rosso sul bianco.

Sai, Ragazzo, ci sarà sempre una diciassettenne che vorrà rinascere nel bel mezzo dei miei venti anni.
Saranno sempre presenti una macchina da inseguire, una notte da non dormire, delle parole da non pronunciare e un sentimento da proteggere. Rimarranno i lunghi capelli rossi, gli occhioni verdi, gli orecchini da seminare in giro e le paure da vincere.
Perché questo sei tu.
Sei un timore da sconfiggere, proprio per innamorarsi ancora una volta. Ora, in questa stanza, sono consapevole che non tutte le parole sono state inventate per essere pronunciate ad alta voce. Hanno una vita. Hanno una morte. Questa lettera è una bara di tutto ciò che riposa in agonia dentro di me e che ha un estremo bisogno di dormire. A lungo. Spero che, in un’altra vita, tutte le mie lettere immaginare saranno in grado di volare fino alle tue orecchie. Verrà il giorno in cui ci rivedremo.
Io con i capelli più scuri, responsabilità a cui sottomettersi e sogni da realizzare. Tu avrai la barba più incolta, questioni da adulto da mandare avanti e un lavoro da gestire. Sarò lì ad osservarti, con lo sguardo nascosto dietro ai ricordi. E, nella mia testa, ti sussurrerò che non ho più nulla da dirti sottovoce. Un’ultima lettera. Anche se, avrei preferito che fossi tu a scrivermela.

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